Il giornalista Vittorio Zucconi è morto lo scorso 26 maggio all’età di 74 anni dopo una lunga malattia. Il decesso è avvenuto a Washington dove il giornalista viveva con la sua famiglia svolgendo l’attività di corrispondente per il quotidiano La Repubblica. Scompare una delle figure più importanti del giornalismo italiano, popolarissimo nel nostro Paese per le sue continue presenze come opinionista ed osservatore politico in molte trasmissioni televisive e radiofoniche.
Vittorio Zucconi nacque a Bastiglia, provincia di Modena, nel 1944. Il papà Guglielmo era un importante giornalista e fu anche un deputato della Democrazia Cristiana. Da giovane con la famiglia si trasferì a Milano dove frequentò il liceo ginnasio Giuseppe Parini collaborando, divenendone poi direttore, con il giornalino scolastico La zanzara, interessante manifesto di quell’Italia che da lì a qualche anno avrebbe vissuto la stagione del sessantotto. Dopo la maturità liceale, Vittorio Zucconi si iscrisse all’università degli studi di Milano alla facoltà di Lettere laureandosi con una tesi in storia sui movimenti anarchici italiani. Nei primi anni sessanta iniziò la sua professione da giornalista iniziando come cronista di nera al quotidiano La Notte di Milano passando nel 1969 a La Stampa come redattore. Divenne per il quotidiano torinese corrispondente dall’estero, incarico che ricoprì anche per La Repubblica, il Corriere della Sera, ancora per La Stampa trasferendosi poi definitivamente negli Stati Uniti nel 1985 come editorialista per il giornale fondato da Eugenio Scalfari. La sua collocazione all’estero gli permise comunque di occuparsi anche dei principali fatti del nostro Paese. Come il caso Lockheed del 1976, lo scandalo degli aerei C130 venduti all’Italia grazie alle tangenti versate a generali e ministri, e la stagione del terrorismo rosso culminata con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. https://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Zucconi
Nel 1989 fece scalpore un suo articolo sulla visita dell’emergente leader russo Boris Eltsin negli Stati Uniti, descritto da Vittorio Zucconi come un uomo dedito all’alcol. Il pezzo provocò una tale crisi diplomatica che costrinse La Repubblica a dissociarsi, esprimendo rammarico per l’accaduto. Nel suo libro autobiografico Parola di giornalista, Vittorio Zucconi, pur ammettendo qualche inesattezza contenuta nell’articolo, ribadì la sostanziale veridicità di quanto aveva scritto.
Vittorio Zucconi è stato anche direttore dell’edizione web di La Repubblica e dell’emittente Radio Capital. Grande appassionato di sport e tifosissimo del Milan, lascia la moglie Alisa Tibaldi, i due figli Chiara e Guido ed i suoi 6 nipoti, tutti residenti negli Stati Uniti.