Lo storico e giornalista Arrigo Petacco è morto lo scorso 3 aprile all’età di 89 anni nella sua casa di Porto Venere. E’ stato uno dei più importanti studiosi della storia del nostro novecento, con particolare attenzione al Fascismo ed alle due guerre mondiali. Fu definito uno storico revisionista perchè spesso nello studiare e ricostruire i fatti cercò di andare oltre le posizioni della storiografia ufficiale, spesso condizionate da pregiudizi ideologici. Ogni fatto andava analizzato nel profondo attingendo a fonti e documenti anche a costo di rimettere in discussione posizioni già considerate dalla vulgata verità assolute. Esemplare a tal proposito fu il libro La storia ci ha mentito. Dai misteri della borsa scomparsa di Mussolini alle «armi segrete» di Hitler, le grandi menzogne del Novecento, scritto nel 2014, in cui Arrigo Petacco, nel descrivere dettagliatamente alcuni episodi della seconda guerra mondiale, e del ventennio che l’ha preceduta, si mostrò assolutamente convinto che molti di quegli eventi siano stati raccontati enfatizzando le ragioni dei vincitori e tacendo quelle dei vinti. Ogni volta che è scoppiata una guerra, scrisse, “la prima vittima è sempre stata la verità (le bugie sono necessarie per demonizzare il nemico), ma poi, quando la guerra è finita, le bugie dei vincitori sono diventate delle “verità”, mentre quelle dei vinti sono sopravvissute sottotraccia”.
Arrigo Petacco nacque a Castelnuovo Magra in provincia di La Spezia nel 1929 e divenne giornalista lavorando nella cronaca nera del quotidiano Il Lavoro di Genova, diretto da Sandro Pertini. Nella sua carriera di giornalista arrivò a dirigere La Nazione di Firenze ed il mensile Storia Illustrata. La sua bibliografia è sterminata con più di 50 pubblicazioni storiche, da ricordare la monumentale opera Storia del Fascismo di ben sei volumi. Oltre ai fatti del novecento, dedicò alcuni suoi libri al difficile rapporto che storicamente ha contrassegnato le vicende tra l’Islam e l’occidente cristiano.
Arrigo Petacco curò molti programmi in RAI di approfondimento storico e fu anche sceneggiatore. Dal suo libro Joe Petrosino venne prodotto nel 1972 l’omonimo sceneggiato con protagonista l’indimenticabile attore Adolfo Celi ed il regista Pasquale Squitieri si ispirò al suo Il prefetto di ferro. L’uomo di Mussolini che mise in ginocchio la mafia, nel film Il prefetto di ferro uscito nelle sale cinematografiche nel 1977.
La sua ultima fatica letteraria, Caporetto, risale ad alcuni mesi fa ed è stata scritta insieme al giornalista Marco Ferrari.