L’ex ministro Giovanni Galloni è morto il 23 aprile scorso all’età di 90 anni. Con lui scompare un’importante figura della Democrazia Cristiana ed un uomo delle Istituzioni tra i più rigorosi e competenti.
Giovanni Galloni nacque a Paternò (provincia di Catania) nel 1927 da una famiglia della ricca borghesia che si trasferì a Bologna in quanto il papà era un intendente di finanza. Giovanissimo aderì alla Resistenza per poi laurearsi in Giurisprudenza all’università felsinea a soli 20 anni. Divenuto libero docente di Diritto Agrario alternò l’attività accademica con quella politica. Fu tra i fondatori della corrente di sinistra della Democrazia Cristiana ispirandosi agli insegnamenti di Giuseppe Dossetti. Ricoprì importanti incarichi nel partito, vicepresidente e per due volte vicesegretario, e fu parlamentare per ben sei Legislature. Divenne ministro della Pubblica Istruzione negli anni 1987/1989 durante i governi Goria e De Mita. Fu uno dei più stretti collaboratori di Benigno Zaccagnini, segretario DC dal 1976 al 1980, che ebbe l’onere di guidare il partito durante i drammatici giorni del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro. Molti anni dopo, in una trasmissione di RaiNews24, Giovanni Galloni rivelò alcune indiscrezioni su confidenze che lo statista democristiano gli avrebbe fatto poche settimane prima del suo rapimento. In particolare sugli infiltrati che i servizi di intelligence statunitensi ed israeliani avevano messo all’interno delle Brigate Rosse e sulla loro ritrosia nel condividere con gli italiani tali attività che avrebbero potuto portare all’individuazione dei covi dei terroristi.
Giovanni Galloni ricoprì anche l’incarico di vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) dal 1990 al 1994, un periodo particolarmente delicato nei rapporti tra toghe e potere politico. Il presidente Cossiga gli ritirò alcune importanti deleghe che furono a lui restituite dal successivo capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro. E su come affrontò l’incarico in quel difficile periodo si è soffermato Renato Balduzzi, componente laico del CSM, nel ricordarlo dopo la sua scomparsa: “Come vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, egli affrontò con coraggio e determinazione, non disgiunte da quell’umiltà di fondo che lo caratterizzava, una delle più difficili crisi che l’organo di governo autonomo dei magistrati ordinari ebbe mai ad attraversare”.