Servizi Funebri Comunali ricorda Enrico Berlinguer

Enrico BerlinguerIl 2014 è l’anno in cui ricorrono anniversari di morte importanti, tra cui quello di Enrico Berlinguer, uomo colto e determinato che ha fatto la storia del paese e ha retto le sorti del Partito comunista italiano negli anni più difficili dell’Italia repubblicana, quando la crisi economica, lo shock petrolifero e il terrorismo sia rosso che nero diedero colpi quasi fatali allo Stato.

Il modo migliore per ricordarlo è quello di fare una carrellata delle frasi che lo hanno reso celebre e che ancora oggi vengono citate o sono d’attualità nel nostro Paese.

  • ANNI ’50 (quando Enrico Berlinguer era segretario Federazione giovani comunisti italiani)

“Come ieri l’Europa ha rischiato il dominio di Hitler, così oggi rischia che si instauri il dominio degli Stati Uniti“.

“La Russia sovietica è carne della nostra carne e sangue del nostro sangue“.

“Abbiamo perduto il nostro più grande amico” (commento a caldo subito dopo la morte di Stalin).

“Alcune incertezze si manifestano nelle nostre file” (1956, dopo la repressione sovietica della rivolta ungherese da parte dei carri armati di Kruscev).

  • ANNI ’60 (membro segreteria Pci, successivamente vicesegretario)

“Non capite che con questi metodi compromettete il vostro prestigio?” (Mosca, 1964, a Michail Suslov, membro del comitato centrale del Pcus e artefice della defenestrazione di Kruscev a favore di Breznev).

“C’è aria di Trotzkismo” (Pechino, 1966, quando la delegazione comunista italiana in visita, apertamente filorussa, fu ripetutamente maltrattata dai funzionari della Cina di Mao, che dall’Urss avevano preso le distanze).

  • ANNI ’70 (Enrico Berlinguer, segretario del Pci)

“Somiglia un po’ alla volpe; egli cerca infatti di sottrarsi con la fuga allo scontro diretto sui problemi del Paese. Ma è una cosa che non può durare a lungo. Come tante volpi, anche le più furbe, egli finirà nella tagliola” (luglio 1973, riferendosi a Giulio Andreotti).

“Per aprire finalmente alla Nazione una via sicura di sviluppo economico, rinnovamento sociale e prograsso democratico, è necessario che la componente comunista e quella socialista s’incontrino con quella cattolica, dando vita ad un nuovo grande compromesso storico” (autunno 1973).

“E’ assurdo pensare che in Italia un partito col 38% di voti sia composto solo di capitalisti, proprietari terrieri e grandi finanzieri” (8 novembre 1973, parlando ad un’associazione operaia a Ravenna, riferendosi alla Democrazia cristiana).

“Io non dico che la Dc è buona o cattiva. La sua storia è molto varia. Sta a noi avere una politica che le impedisca di andare verso la via reazionaria, e faccia invece emergere la sua parte migliore” (8 novembre 1973).

“E’ meglio che non dica quali sono le mie previsioni, altrimenti scoraggio i compagni. Arriveremo al massimo al 35%” (primavera 1974, confidenze ad alcuni collaboratori durante la campagna per il referendum sul divorzio; il Pci sosteneva il “no”, cioè il mantenimento della legge. I “no” vinsero col 59% dei voti).

“Il Paese nella sua fase attuale non è in grado di sopportare che uno dei due grandi partiti si schieri all’opposizione. Il quadro democratico si romperebbe” (estate 1976, motivando l’appoggio esterno da parte del Pci ad un governo democristiano durante la massima espansione delle violenze terroristiche).

“Tentativo estremo di frenare un processo politico positivo” (marzo 1978, subito dopo il rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse).

  • ANNI ’80 (segretario del Pci)

“Se si dovrà giungere a questo per responsabilità della Fiat e del Governo, i comunisti faranno la loro parte” (Torino, 26 settembre 1980, a chi gli chiedeva cosa avrebbe fatto il Pci se gli operai della Fiat avessero occupato le fabbriche. L’azienda di Agnelli aveva messo in cassa integrazione 23mila dipendenti e i sindacati proclamarono uno sciopero generale. Un mese più tardi ci fu la famosa “marcia dei 40mila” quadri intermedi della Fiat che chiesero di tornare a lavorare e di far cessare le intimidazioni estremiste. I sindacati firmarono la cassa integrazione. Fu una delle più gravi sconfitte politiche di Berlinguer).

“La spinta propulsiva nata dalla rivoluzione socialista d’ottobre è venuta esaurendosi. Oggi siamo giunti ad un punto in cui quella fase si chiude” (ottobre 1981, commentando la repressione militare compiuta in Polonia dal generale Jaruzelski contro il sindacato Solidarnosc).

“Siamo di fronte ad un momento pieno di insidie per le istituzioni della Repubblica” (Padova, 7 giugno 1984, l’ultimo comizio. Pochi minuti dopo, Enrico Belinguer accusò l’emorragia cerebrale che lo portò alla morte quattro giorni più tardi).